Cronaca della conviviale n. 6 del 21 ottobre 2012

Tema:Una vita a La Scala

Relatore: Dott. Edy Gambel

La presentazione

 

Serata “CLOU” quella del 22 ottobre! Il nostro Edy (il Professore) riempie sala, palchi, loggione e piccionaia (i tavoli estremi, ove, con detto manzoniano, non si allocano  - lungi da noi! - ”i vergognosi”, ma solitamente e semplicemente i soci ritardatari, i “piè veloci”, ed i “ciacoloni”) per intrattenerci (l’Aziendalista) con la sua ars loquendi su  La Scala”, istituzione cara ai Milanesi e di fatto, se non casa, da lungo tempo “chiesa” per lui e la sua famiglia.

Per il previsto affollamento della sala e la nutrita partecipazione dei soci, il ns. Presidente di Club ed il Gianpiero, duce della Commissione Relazioni, sono stati abili, oltreché furbissimi, nell’accoppiare la serata alla presenza di Nazzareno Pettinari, Assistente del Governatore. Questi  ci parla per 20’ esatti con cuore, precisione ed efficacia dell’A.I.D.D. (Associazione Italiana contro la Diffusione della Droga), alla quale partecipa attivamente il Rotary (ed il nostro Club offre annualmente un contributo), mostrando e coinvolgendoci empaticamente in quanto di utile alla gioventù si stia con essa facendo ( www.aidd.it).

E’ anche il momento d’introdurre, da parte del Toti nazionale, Luigi Correnti, Avvocato di Stato, quale nuovo socio, che abbandona il Milano Sud Ovest per gioire del nostro Giardini sempre in fiore. Toti ci dà il busillis di questa acquisizione: è una faccenda di donne! La signora Correnti (che ingentilisce con la sua presenza il tavolo della Presidenza), infatti, essendo Inner Wheel, ha tramato con la Franca, “Sultana” del Toti, per il traghettamento del marito da Club a Club. Ebbene: il Machiavellismo di successo è ormai strumento muliebre! E’ certo, comunque, che la “Stella Michelin” del nostro ristorante sarà una delle piacevoli sorprese per il nuovo socio e signora.

In perfetto orario con il caffè, richiamato a forza e d’imperio il silenzio dei commensali, Luigi invita la nostra Rita al presidenziale microfono (Oh che! Taumazo! - nel greco di Pericle significa “sorpresa!” -. Semel in anno licet insanire: funziona!). Ebbene! E’ la conferma della legge chimica “zucchero non guasta bevanda”! Rita ci parla brevemente del CAM, invitandoci ad essere presenti all’Assemblea di mercoledì, alla quale (purtroppo) alcuni di noi non potranno assistere essendo impegnati, per il giorno infrasettimanale e l’orario, in dispersive attività di lavoro, invero al momento abbastanza aride come risultati.

Adesso è il momento di Edy (il Maestro) e della sua “ Vita alla Scala”.

Il titolo dell’intervento è stato scelto con maestria: Edy ci parla del Teatro dalle sua origini e di come poi la vita del suo diretto ancestrale e di lui stesso siano a tale istituzione strettamente legate.

Il Teatro alla Scala di Milano deve il nome a Regina della Scala, moglie di Bernabò Visconti, signore di Milano, che fa edificare nel 1381 la chiesa Santa Maria della Scala. Questa chiesa, divenuta Cappella Imperiale e Reale della Casa d’Austria, è soppressa nel 1776 ed al suo posto viene edificato il Teatro. Il Nuovo Regio Ducale Teatro viene poi inaugurato il 3 agosto 1778 con l’opera “L’Europa Riconosciuta” di Antonio Salieri, che ebbe tale privilegio dall’imperiale Maria Teresa in quanto essere uno dei migliori maestri nel firmamento musicale del tempo, seppur “parva res” nei confronti dell’immortale Amadeus, genio e sregolatezza.

Quello alla Scala è uno dei teatri più famosi al mondo ed è conosciuto per essere il “tempio della lirica”. Nel 1816, infatti, Stendhal (ma lui era affetto da sindrome) definisce la Scala come il primo teatro del mondo, perché è quello che dà il massimo godimento musicale.

Il Piermarini, l’architetto incaricato del progetto dal Granduca Ferdinando Asburgo Lorena, per la sua costruzione opta per una sala all’italiana, racchiusa in un edificio dalle rigorose linee neoclassiche. La facciata si apre su una strada (la Corsia Del Giardino, oggi via Manzoni) e per questo il portico centrale viene realizzato sporgente, quasi un invito al passaggio ed alla fermata delle carrozze. L’architetto rinuncia al lusso ed alla decorazione superflua, privilegia soluzioni sobrie ed armoniche rispetto a ricerche di monumentalità; utilizza la pietra chiara di Viggiù (luogo ad alcuni di noi più noto per i suoi osannati pompieri, che quando passano i cuori infiammano …) per tutti gli elementi architettonici della facciata, impreziosendo soltanto il timpano con un bassorilievo raffigurante il Carro d’Apollo, protettore delle Muse, trainato da quattro cavalli.

Il valore del teatro si evidenzia all’interno: la platea, a forma di ferro di cavallo, ospita 678 posti a sedere, per un totale di 2242 dell’intero teatro ed un palcoscenico di dimensioni maggiori di quelle della platea.

Circondano la platea, in passato riservata alle classi meno abbienti e con un numero limitato di sedie fisse per lasciare spazio per i balli di carnevale, quattro ordini di palchi e due gallerie. I palchi all’inizio erano privati, nel senso che erano proprietà delle famiglie nobiliari milanesi, che li arredavano a piacere. Una pesante tenda di velluto rosso, quando chiusa, oscurava l’interno, ove era possibile gozzovigliare, crapulare e … amare. I resti del cibo erano poi lanciati sulla platea per gli appetiti del popolino che, ivi presente, assisteva all’impiedi all’opera (non esistevano le poltrone, poi messe nel 1891) ed aspettava che tale manna cadesse dal cielo..

Adesso i palchi, di color avorio con decorazioni in oro e separati da colonne arretrate per permettere una migliore visione, sono rivestiti di damasco rosso ad eccezione di uno che presenta le decorazioni e gli arredi precedenti al bombardamento del 1943.

Di fronte al palcoscenico vi è il Palco Reale. Nel corso del tempo vengono realizzate migliorie: nell’800 viene innalzata la torre scenica e costruita la piazza prospiciente il teatro; agli inizi del ‘900 vengono effettuati interventi sostanziali su palchi, ridotto e macchina scenica ed alla fine degli anni Novanta si procede alla pulitura della facciata, operazione che riporta alla luce la composizione neoclassica ed i suoi asciutti apparati decorativi.

Al termine della stagione 2001 l'edificio del Piermarini viene chiuso per tre anni di restauro durante i quali gli spettacoli si tengono al nuovo Teatro degli Arcimboldi, edificato nell'area industriale dismessa della Pirelli-Bicocca.

La ristrutturazione, assegnata all’Arch. Botta, è finalizzata all’esterno operando sui volumi arretrati rispetto al fronte stradale (la nuova torre scenica), rivestendo la facciata col botticino (che non è un pargolo del Botta, ma una pietra chiara), esaltata nella sua severità ed asciuttezza dalle luci incassate e all’interno riscoprendo gli ambienti originali: nei palchi viene riportato il pavimento in cotto, nei corridoi il seminato alla veneziana ed alle pareti il marmorino giallo. Vengono anche riportate a nuova vita le decorazioni ottocentesche e le ricche specchiere. Vengono, quindi, realizzati, per necessità di spazio, gli eco-mostri  torre scenica e "torre" a pianta ovale, che hanno suscitato l’ira funesta dell’impietoso (ed un po’ sboccato) Sgarbi, andato per l’occasione in scalmane.

Il 7 dicembre 2004 il teatro restaurato viene inaugurato ancora con “L’Europa Riconosciuta” di Salieri.

Edy, completata l’accurata storia del teatro, passa a tracciarne diversi episodi salienti legati ai personaggi che lo hanno reso famoso. L’inizio è proprio dato dal duo Salieri – Mozart: l’uno, bravo ma piatto compositore, ha onore e successo con la sua modesta opera inaugurale, l’altro, seppur genio, ha poca fortuna, essendo alcune sue composizioni, allo scopo scritte per la Scala, bocciate dal Granduca (succube del negativo giudizio della mamma, alla quale nulla si può negare, essendone anche il 14° nato su un totale di 16). Essendo poi preclusa in tal periodo la scena alle donne, grande successo ebbero alla Scala i castrati, di lì a qualche decennio però sostituiti dalle primedonne in qualità di soprano. 

Mantenere teatro e musici, pagare maestri è stato sempre un notevole sforzo economico. All’epoca questo era a carico delle famiglie nobiliari e l’Amministrazione astreca, per aiutarli, permise all’ultimo piano del teatro, nel ridotto, una bisca d’azzardo (robetta leggera dell’epoca, con tavoli da roulette, poker, chemin. Si sarebbe notata, però, la mancanza di slot machine, di macchine video-poker ed altro inferno consimile. Aggeggi che, comunque, non avrebbero comportato l’intervento dell’I.A.D.D., essendo il luogo negato agli imberbi). Cessato successivamente il gioco d’azzardo, La Scala perse vigore, per rivivere a fine ‘800 con l’intervento di Guido Visconti di Modrone e l’avvento di Ricordi (ai più di noi noti come “La Voce del Padrone”) e poi dei Sonzogno, con l’inizio del grande periodo dei compositori d’opera. Si assistette, quindi, alla competizione aspra tra Mascagni, Verdi, Wagner, con il trionfo senza limiti di Verdi con l’Otello e le bocciature in prima delle opere di Bellini e Puccini (vendicati in tempi più recenti da enorme successo per il canto, senza possibilità d’eguale, della Callas).

Lunga è la schiera delle celebrità legate alla Scala: Toscanini (che, oltre a non ripetersi mai due volte, fece togliere cappelli e tube al pubblico in sala per permettere a tutti di vedere il palcoscenico, dinanzi al quale stava maestro ed orchestra. Poi, in rotta con Uberto Visconti di Modrone e con il pubblico milanese, nel 1903 lasciò l’Italia per diventare ricco a New York e ritornare a La Scala nel 1946 nella veste di Pontefix  Maximus), von Karajan, Franco Ferrara (ebbe il ns. Edy tra i suoi allievi), Bernstein, Giulini (amico di famiglia di Edy e suo suppotter), Barenboin, Abbado, Pollini, Muti (Ahi! Senza l’aiuto della Fornero, dovette soccombere al sindacato dei musici, che ne impose l’allontanamento tacciandolo di schiavista dopo 22 anni d’imperiosa gestione), Callas, Tebaldi, Caruso (steccò due volte), Del Monaco (faceva esultare il pubblico con il suo “Esultate” in apertura dell’Otello), Di Stefano (amico di famiglia dei Gambel, anche se “siculissimo era …”, che cambiava all’estero sovente le parole tra un gorgheggio e l’altro – la povera Lucia di Lammermoor da “Lucia perdona” divenne al Covent Garden “Lucia …ttona” o “Lucia …ttana”, e qui il Gambel non è stato molto esplicito – e che la Callas amò nel dopo Onassis), Corelli (la “Coscia d’oro della Scala” per la sua avvenenza e presa sul pubblico femminile, mentre noi degli stadi abbiamo avuto in concambio la Parietti, la “Coscia lunga della Sinistra”), Schipa, Pavarotti, …

Edy precisa che, pur tempio dell’opera lirica, La Scala non è lo è mai stato altrettanto per il balletto. Ciò anche se Nurejev e Fracci hanno volteggiato più volte sulla scena.

A tale sacro luogo è legata la vita di Edy. Il nostro Professore, Maestro ed Aziendalista avrebbe potuto nascere in terra astreca, anche Vienna tosto ché a Milano.

Ma il genitore, valido architetto all’epoca, da Trieste luogo di residenza ove lavorava, nel trasferirsi altrove nel dopoguerra decise quale sua città Milano proprio per godere delle dolci armonie canore della Scala, trasferendosi ivi alla morte del Puccini. Nella sua passione per le dolci armonie canore coinvolse da sempre il figliolo. Povero Edy! Lo vediamo, giovincello, dormire all’inpiedi, incolonnato dietro le porte del tempio della musica, aspettare per ore il proprio turno per comprare non un i-phone, ma due biglietti per poter assistere ad una celebrata prima, rifocillato nell’attesa dal genitore con un panino (e neanche una S. Pellegrino che, come aranciata, era sempre un’altra cosa) all’orario del pranzo. Ma i meriti dei Gambel non si fermano qui. Hanno finanziato ormai da due generazioni La Scala con il rinnovare annualmente l’abbonamento ad un palco centrale in serata B (noto ormai da anni come “Gambellianus locus”).

E’ giunta l’ora che volge al desio ed Edy conclude elencando quanto di aggiuntivo La Scala ha creato affianco al Teatro: L’orchestra Filarmonica 15 anni fa, l’Accademia della Scala, il Museo della Scala. Anche il Rotary (Gambel fecit) si è legato alla Scala con A.R.A.M. (Associazione Rotary Amici della Musica). E poiché quest’anno il cartellone osannerà per la prima volta insieme i due augusti nemici Verdi (5 opere) e Wagner (3 opere), Edy ci/si augura di essere ancora tutti arzilli fra 100 anni per poter assistere nuovamente a tale più che raro connubio.

Purtroppo, nel farci tale invito, Edy dimentica che il satanello Befera (più noto come il Vampiro di Equitalia), nel frattempo ci sotterrerà tutti con le sue tasse.

Al presidenziale tocco della campana, applausi scroscianti anche da loggione e piccionaia salutano l’uscita dalla sala del Maestro che, a differenza di Paganini, ci darà ancora dei bis nel nostro proseguo rotariano.

 Aldo Nicolosi