Cronaca della conviviale n. 7 del 17 ottobre 2011

Tema: Direttore d’orchestra: tecnica, figura, mito

Relatori: dott.Edy Gambel

 

La scorsa settimana avevamo già avuto la testimonianza di un top manager d’impresa affermatosi anche nella gestione di un’istituzione universitaria.

Questa sera Edy ci ha fornito l’esempio di come si possano sviluppare, con altrettanto successo, due personalità professionali apparentemente molto lontane.

E’ vero che spesso ci si riferisce al manager come al direttore d’orchestra che ricerca l’armonia gestionale in una crescendo di profitti.

E’ però una metafora che – in quanto tale – è  spesso valida solo in senso strettamente figurativo. Nella realtà i percorsi culturali, formativi e lavorativi di queste due figure non potrebbero essere più distanti: Edy rappresenta quindi la prova concreta dell’eccezione alla regola. Eccezione che – più in generale – consente ai fortunati portatori di quest’anomalia genetico professionale di vivere contemporaneamente due vite, con il conseguente forte arricchimento (quantomeno, ma spesso non solo) culturale.

In apertura Sandro saluta i coniugi presenti e ci ricorda i prossimi appuntamenti: il convegno sul 150° dell’unità d’Italia organizzato da Coluccia, l’importanza del prossimo Consiglio del club che deve preparare la visita del Governatore e – infine - l’ultima chiamata per chi volesse partecipare alla crociera di primavera (senza trascurare per altro gli aspetti triviali del relativo versamento dell’anticipo).

Dopo la cena ci presenta – e si fa per dire, visto che è uno dei soci più attivi e conosciuti dal consesso rotariano - il nostro Gambel, limitandosi a ricordarne pleonasticamente l’omerico ingegno. Il piglio sicuro di chi è ben padrone della materia, coniugato con il mestiere di consulente e di navigato docente universitario, assicurano all’oratoria di Edy una fluida, ben comprensibile eloquenza. Edy inizia la sua prolusione con un simpatico e sincero omaggio alla signora Gambel, direttore di coro diplomata al conservatorio e vera conduttrice della sua vita professionale musicale. Non entra in dettagli domestici, ma alla platea non sfugge l’immagine dell’“euterpica” (cosa faremmo senza wikipedia) coppia che si riprende vicendevolmente quando uno dei due commette qualche imperdonabile errore di attacco o di tonalità nel canticchiare sotto la doccia o in attesa della cottura degli spaghetti.

Ma torniamo al tema di questa sera. Edy ci propone una lettura della professione di direttore d’orchestra molto realistica e concreta: in particolare ce ne illustra ruolo, compiti e responsabilità nel suo momento più determinante che sono le prove. Il giorno della rappresentazione, ci dice, va (quasi) sempre tutto bene; ma questa positività non è certo casuale, bensì il risultato di complessi meccanismi organizzativi e psicologici tipici delle teorie manageriali più raffinate.

E’ questa una visuale molto interessante che capovolge l’immagine già evocata del manager come direttore d’orchestra.

E’, infatti, inusuale pensare alla metafora al contrario: il direttore d’orchestra che, come un bravo manager, afferma la propria leadership mantenendo e sviluppando la coesione del gruppo di orchestrali. Ma ci sono degli aspetti che rendono, per certi versi, ancora più complicato il mestiere del direttore d’orchestra rispetto al “semplice” manager. Per esempio il fattore tempo che, se è una risorsa comunque critica in azienda, diventa vitale e determinante nella conduzione di un orchestra. Vuoi per la naturale imposizione data dalla partitura, vuoi per l’irripetibilità della performance, non ci possono essere seconde occasioni. Inoltre il tutto deve funzionare veramente all’unisono, evitando le platealità non volute: fondamentali, dice Gambel, le occhiate e il feeling che si deve creare tra il conduttore e i singoli orchestrali.

A tutto questo si aggiungono poi le difficoltà derivanti dalle caratteristiche fisiche della sala, con echi, riverberi, differenze di temperatura ecc, delle quali si deve tener conto con una sensibilità un po' maniacale. Tutte questioni che si dipanano e si devono risolvere nel backstage nell’arco di due o tre prove. Infatti, per ragioni di costo, i tempi in cui si poteva provare infinite volte sono ormai finiti per sempre.

Ma Edy non trascura neanche gli aspetti teorici della materia, sfidando la malignità che caratterizza i nostri sistemi microfonici si avvale addirittura di una presentazione multimediale.

Ci illustra le basi della partitura e delle frequenze dei diversi strumenti, il loro numero aureo e la loro disposizione sul palco. Il tutto ben collegato e reso fluido da una fitta aneddotica, esposta con ricchezza di particolari curiosi dei quali il nostro Edy è fonte inesauribile.

A questo punto, quelli di noi che si erano chiesti a cosa servisse il direttore d’orchestra, dal momento che tutti gli orchestrali sanno già cosa e come suonare, hanno avuto la loro risposta. Sintetica ed efficace, a questo proposito, la definizione di Edy, secondo la quale l’orchestra non è una somma di strumenti suonati dai musicisti, ma un altro strumento, suonato dal suo direttore. Non c’è più tempo per le domande ma solo per il tocco di campana, suonato con comprensibile soggezione da Sandro che da Presidente si è per l’occasione trasformato in discreto percussionista autodidatta.

Marco Tincati