Cronaca della conviviale n. 22 del 5 marzo 2012

Tema: Gli Etruschi, questi sconosciuti

Relatori: dott. Giuseppe Mojana

Gli Etruschi, una civiltà misteriosa, anzi no. Questo poteva essere una valida alternativa al titolo della relazione di questa sera. Se è, infatti, vero che di questo popolo tanti sanno ancora poco, è altrettanto certo che gli studiosi e gli appassionati più attenti hanno ormai potuto sviluppare una conoscenza molto superiore a quella comunemente diffusa negli anni passati. E se lo stereotipo del mistero affascina ancora i più, la scienza archeologica ha recentemente fatto importanti scoperte che hanno consentito di chiarire origini, usi e costumi di questi nostri antenati. Non possiamo forse affermare che esistano dei progenitori unici del variegato popolo italiano, ma è però innegabile che – come dice il nostro amico Mojana, tra l’Arno e il Tevere (ma vedremo che in realtà si erano poi ulteriormente allargati), gli Etruschi siano stati, tra il decimo e il primo secolo ac, il popolo autoctono culturalmente egemone (ovviamente Romani a parte, anche se la storia dei due popoli si è ampiamente interconnessa, a partire dai Tarquini re di Roma).

Serata molto affollata che conferma il diffuso interesse per i temi cultural-archeologici. Sandro apre con l’usuale scampanata e saluta – come uso - tutti i soci, coniugi e ospiti. Tra questi ultimi il dott. Brizzi, ospite di Razeto che ci ha raggiunto da Washington. Il Presidente rende quindi pubblica la notizia del progressivo invecchiamento dei numerosi soci nati in questa settimana di pre-primavera e da il via al risotto alla monzese (altro popolo misterioso dal punto di vista archeologico che ci ha lasciato l’uso della luganega abbinata al riso giallo). Quindi, al termine della cena, presenta il nostro relatore che prende la parola su uno sfondo di belle immagini tecnologicamente coordinate dalla regia di Razeto e Luce.

Sin dalle prime parole ci colpisce l’evidente passione del nostro ospite per questa strana civiltà “tanto ricca di suggestioni e di fascino”. Passione nata da un colpo di fulmine per l’arte etrusca, scoccato – ancora negli anni 70 - al cospetto di opere quali l’Apollo di Vejo e il famoso sarcofago degli sposi. Cultore di civiltà antiche e appassionato di poesia e lettere (autore di un romanzo sui Maya), Mojana ci affascina con notizie di storia, arte e costume che ci fanno capire come molti dei misteri che avevano caratterizzato l’etruscologia più datata, siano stati svelati dagli studi di storici italiani (Pallottino e Cristofani) e da numerose scoperte archeologiche (lamine di Pyrgi ecc).

Il popolo etrusco era politicamente organizzato in una sorta di confederazione di città, su un territorio inizialmente compreso tra Tevere e Arno (dove pare fossero giunti, dalla Lidia o comunque dal Mediterraneo orientale per fondersi con gli aborigeni toscani). Si erano poi espansi verso Nord, sino in Val Padana - e forse persino in Svizzera - mentre, a Sud, giunsero Campania (a tutti risultano infatti evidenti le caratteristiche somatiche comuni, confermate anche dai loro diretti discendenti rotariani (Sandro e Pasquale), rappresentativi, appunto delle due direttrici di espansione testé citate (ndr).

La cultura religiosa era complessa e politeistica, con un radicato senso dell’esistenza dell’aldilà, dal quale derivava la forte presenza della classe sacerdotale e degli aruspici. La società, pur strutturata su basi nobiliari, era molto aperta e libera, in netto contrasto con quella latina e, per alcuni versi, anche con quella greca.

Ad esempio gli Etruschi consideravano la parità dei sessi e una libertà di costumi – anche sessuali – quanto mai accentuata (questi rotariani sono incorreggibili, neanche a farlo apposta si parla ancora di sesso: un sottile fil rouge che lega ormai i temi delle nostre ultime conferenze e questa volta con immagini, magari archeologiche, ma non per questo meno eloquenti).

Poi le domande che sono pervenute da una platea molto attenta: Nicolosi, Caponeri, Verdirame e altri. Il nostro amico ha colto l’occasione per ampliare ulteriormente la sua esposizione con aneddoti prima non riportati. Divertente, ma un po’ inquietante il racconto sull’idria da lui acquistata alcuni anni fa e che, per il nostro amico, si è rivelata foriera di piccole e grandi sfortune per sé e per la sua famiglia, sino al momento in cui ha potuto disfarsene. Provvidenziale a quel punto l’intervento di Pasquale che – a scanso di equivoci e come un moderno aruspice di Partenope - gli ha fatto toccare il suo cornetto portafortuna. Tra le risate (un po’ troppo ostentate e sicuramente scaramantiche) di tutti, la serata si è avviata a conclusione con l’invito da parte del dott. Mojana a partecipare a un viaggio archeologico in Etruria, da lui organizzato per il prossimo Ottobre; poi ancora il saluto del Presidente e l’arrivederci alla prossima settimana.

Marco Tincati

Nota: Le note del relatore si trovano qui; altre immagini su DropBox