Cronaca della conviviale n. 36 del 21 maggio 2007

 

Tema: Milano, la storia: Il Medioevo

Relatore: Dott.ssa Martina Basile

 

Vivevano nel Medioevo e non lo sapevano, avrebbe detto Trilussa. Meno male. Pensate come ci sarebbero rimasti se avessero saputo di vivere nei “secoli bui”, in secoli di “rozzezza culturale”, almeno secondo la interessata gelosia dei “riformati” o la frettolosa definizione degli umanisti, orgogliosi della loro faticosa riconquista della civiltà classica: uno stereotipo comprensibile nel XVI secolo, ma che ancora – ora, sì, “rozzo” – riaffiora troppo spesso nei libri di scuola, nonostante il “recupero” avviato dai romantici e completato dagli “annalistes”.

Secoli bui, i loro? Secoli bui quelli descritti -  a proposito della Milano degli anni che vanno dalla caduta dell’Impero romano d’Occidente alla fine secolo XIII - dalla brava dottoressa Martina Basile Morrell Weatherill, la sera del 21 maggio, al “Giardini”?

O, invece, secoli di Croci e di spade scintillanti alla ricerca di libertà (anche questo è stato il periodo dei Grandi Vescovi di Milano) o di conquista; di città distrutte e di gelosie cittadine (fatte di fedeltà e tradimenti, di interessate sottomissioni e di soprassalti di orgoglio), di manifatture preziose e di viaggi guerreschi, di artisti e mercanti senza frontiere, e soprattutto di Giganti della Chiesa.

Perché la storia di Milano medioevale si identifica, afferma la giovane studiosa, con i propri Vescovi ed Arcivescovi; è una storia di potere religioso che tiene insieme il tessuto politico e sociale, che sorpassa, influenza o addirittura surroga la politica e l’amministrazione,  che altrove non sono o che non hanno la statura per contrapporre la città ambrosiana alle ambizioni romane (leggi: papali) o per fare e disfare re e imperatori. Una storia che si autotestimonia nelle pergamene e nelle preziose opere di oreficeria e ci aiuta a farsi interpretare e reinterpretare.

Il primo a fare i conti con Milano è Carlo Magno, che incontra sulla propria strada l’Arcivescovo Tommaso, forte della tradizione ambrosiana, che stronca i suoi tentativi di creare una Milano “romana” attraverso la trasformazione della liturgia. Finché i carolingi  hanno un loro arcivescovo, Angiberto II, di origine franca, che della benevolenza carolingia si serve per accrescere il patrimonio materiale e culturale della città.

“Buia” la Milano dell’alta cultura che Ariberto vi raccoglie? “Buia” la Milano di Ansperto da Biassono (fine del IX secolo), protagonista assoluto della propria epoca, “capo della città”, “colui che porta a termine le promesse”, “restitutore delle mura della città”?

Schierata con gli Ottoni, la Milano del X secolo riceve privilegi, castelli e i suoi Arcivescovi “lottizzano” il loro potere frazionandolo tra i vassalli arcivescovili: sicché la potenza religiosa e civile si fa potenza armata. E l’arcivescovo milanese Ariberto da Intimiano, di stirpe longobarda, non solo incorona re (Corrado II, 1024), ma li segue alla conquista della Borgogna. Ed è già lotta, a Milano, tra grande e piccola nobiltà; ma la città si stringe attorno al suo arcivescovo Ariberto, il quale si fa paladino delle libertà urbane contro l'imperatore Corrado II e “inventa” il Caroccio, che sarà, poi, il simbolo della lotta al Barbarossa. E’ ai tempi di Ariberto che la Chiesa comincia a convivere a Milano con quella che oggi chiamiamo “la società civile”, il potere laico.

La tradizione “in armi” di Ariberto si riproduce con Anselmo IV, che combatte e muore (1101) durante una crociata.

Il XII secolo vede Milano coinvolta nei grandi scismi, ma Milano “sta sempre dove non sta Roma”. E arriva il ciclone Barbarossa. E coagula intorno a Milano tutte le  astiosità e le gelosie panlombarde. Che soddisfazione, per le cittaducole, vedere Milano bruciare! Salvo a pentirsi e a raccogliersi intorno ad essa nella Lega, per salvare il salvabile dal finto “salvatore”.

Dalla seconda metà del secolo XII all’esordio del XIII gli orizzonti si restringono, anche se Milano ha un Vescovo-Papa, Urbano III. Ma dov’è l’Arcivescovo, quando a Milano scoppiano le lotte sociali tra partito dei nobili e partito del popolo, capeggiato dai Torriani?

Roma rode il suo potere e l’Arcivescovo Ottone Visconti si definisce ora vescovo non solo “per grazia di Dio”, ma anche “per grazia della Sede Apostolica”.

“Ma è già Signoria: e questa è un’altra storia”, conclude la Basile, una “dottoressa” che più “professore” non potrebbe essere.

 Seguono domande e commenti di  Favole, Gambel e Porzio Serravalle.

 

Nicola D’Amico