Cronaca della conviviale n. 15 del 18 febbraio 2013

Tema: "L’unificazione economica dell’Europa come premessa dell’unificazione politica

Relatore: Prof. Alberto Cova

 

Divisi, ma sempre uniti!  E’ quanto possiamo dire del nostro Gildo che, pur lontano, ci cura particolarmente e ci vizia facendoci servire in una tazzina da caffè di nettareo cioccolato tanzaniano (al 75%) una deliziosa mousse al cacao. Ciò per lasciarci, Prefetto Perfetto, il dolce in bocca quale preludio all’intervento di Alberto Cova, Prof. Emerito di Storia dell’Economia di UNICATT, nonché Rotariano del Milano Est.

Il Chiarissimo (per gli intimi “Possente”) Prof. Sergio De Angelis si sofferma sul curriculum vitae del collega, elencandone cariche, onori e meriti, ma dicendoci anche che nel periodo universitario, entrambi, già all’epoca amici, erano studenti lavoratori. Per tale esperienza,  alla dottrina essi hanno potuto accoppiare quanto appreso nello svolgere una vita reale (“pane, sudore e stridor di denti…”) vissuta integrandosi nell’economia di un paese.

“L’unificazione economica dell’Europa come premessa dell’unificazione politica” è il tema trattato. Per chi, come il sottoscritto, non è un attento lettore di fatti e misfatti di un fallito progetto quale “Gli Stati Uniti d’Europa”, nuovo ideale stato federale da contrapporre ad USA, Cina, India, Russia, è stato di estremo interesse seguire l’excursus storico che ha portato i paesi europei dall’OECE del piano Marshall del 1948 e dal Consiglio d’Europa istituito a Londra nel 1949, alla CECA del 1951, per approdare successivamente alla CEE

L'obiettivo principale dell'OECE era di organizzare e gestire gli aiuti economici provenienti dall'America, secondo quanto previsto dal Piano Marshall, progetto volto ad aiutare i paesi europei a raggiungere rapidamente il benessere, evitando che il malcontento e la povertà favorissero il diffondersi anche nell'Ovest europeo del comunismo, ormai al potere nell'Est Europa. Nel 1949, quindi, fu istituito a Londra il Consiglio d'Europa con lo scopo di rafforzare democrazia e diritti umani nei Paesi membri.

Al fine, poi, di eliminare alla base i secolari motivi di guerra tra Francia e Germania e  mettere in comune le produzioni di due preziose materie prime, su iniziativa dei politici francesi il  18 aprile 1951 fu creata la Comunità Europea del Carbone e dell'Acciaio (CECA), basata su un'Europa di sei paesi (BelgioFranciaGermania OccidentaleItalia, Lussemburgo e Paesi Bassi). La CECA fu l'istituzione che precorse la strada del Trattato di Roma, con il quale venne costituita la Comunità Economica Europea, divenuta Unione Europea nel 1992.

Dobbiamo a Schuman, De Gasperi, Adenauer, i ns. grandi politici europei, la visione di giungere con piccoli passi agli “Stati Uniti d’Europa” (un’Europa unita politicamente) con un unico parlamento sovrannazionale deliberante, partendo però da un’unione commerciale chiusa da 6 stati. La “Dichiarazione Schuman” del 9 maggio 1950 viene considerata il primo discorso politico ufficiale in cui compare il concetto di Europa come unione economica ed in prospettiva politica tra i vari stati europei. Essa rappresenta l'inizio del processo d'integrazione. Le parole dello statista furono: “La pace mondiale non potrà essere salvaguardata se non con sforzi creativi, proporzionali ai pericoli che la minacciano. Il contributo che un’Europa organizzata e vitale può apportare alla civiltà è indispensabile per il mantenimento di relazioni pacifiche. “.

Sono parole più che mai attuali, ma l’obiettivo posto di unione politica dopo più di 60 anni non è stato raggiunto. Inoltre, se la guerra è stata scongiurata, la pace in Europa in realtà non c’è ancora davvero: la guerra non si combatte solo con le armi tradizionali; ci sono anche quelle, forse più pericolose, delle divisioni sociali, degli egoismi, della paura, delle risposte xenofobe, razziste ed euroscettiche. C’è il rischio che le armi della crisi economica e finanziaria lascino a terra tantissimi cadaveri  e che le ferite finiscano per incancrenirsi ed alla lunga portare ad una morte dolorosa e indegna.

Nel processo di allargamento economico d’Europa, dopo l’ingresso nel 1972 di Regno Unito, Irlanda, Danimarca, in progressione si ha negli anni successivi quello di altri paesi dell’Europa occidentale. I trattati commerciali così procedono di pari passo. Nel giugno 1988 il Consiglio europeo conferma il proprio sostegno alla realizzazione dell'Unione economica e monetaria (UEM) e assegna ad un comitato, guidato da Jacques Delors, Presidente della Commissione Europea, il mandato di elaborare un progetto concreto per la realizzazione di tale obiettivo. Il Comitato era composto dai governatori delle Banche Centrali nazionali della Comunità. Abolite, in linea di principio, tutte le restrizioni alla circolazione dei capitali tra gli Stati membri, col “Trattato che istituisce la Comunità Europea” si firmò a Maastricht, nel febbraio 1992, il Protocollo sullo statuto della Banca Centrale Europea (BCE) ed il Protocollo sullo statuto dell'Istituto Monetario Europeo (IME), che entrarono in vigore al termine dell’anno successivo. Missione dell’IME fu la costituzione della Banca Centrale Europea (BCE). Questa, istituita il 1º giugno 1998, iniziò ad operare nel gennaio 1999, quando furono ad essa trasferite tutte le funzioni di politica monetaria e la determinazione del tasso di cambio delle allora undici banche centrali nazionali. Nella stessa data furono anche sanciti irrevocabilmente i tassi di conversione delle monete nazionali rispetto all'euro, moneta unica europea entrata in corso in pari data.

Il 1° maggio 2004 rimarrà, poi, una giornata storica per l'Europa, che da 15 si allargò a 25 Paesi, con l’ingresso di milioni di persone dell'ex blocco comunista, contando così la CEE 450 milioni di cittadini. Romano Prodi, Presidente della Commissione Unione Europea, volle e santificò a Dublino l’evento.

Infine, il 1° dicembre 2009 è entrato in vigore il trattato di Lisbona, mettendo fine a diversi anni di negoziati sulla riforma istituzionale. Questo modifica il trattato sull’Unione Europea ed il trattato che istituisce la Comunità Europea, dotando l’Unione del quadro giuridico e degli strumenti necessari per far fronte alle sfide del futuro e rispondere alle aspettative dei cittadini. Sulla carta si dichiarava un’Europa più democratica e trasparente, ove si rafforza il ruolo del Parlamento europeo e dei parlamenti nazionali, che offre ai cittadini maggiori possibilità di far sentire la loro voce e chiarisce la ripartizione delle competenze a livello europeo e nazionale. In conclusione, si decide per un’Europa di diritti e valori, di libertà, solidarietà e sicurezza, che promuove i valori stessi dell’Unione, integra la Carta dei diritti fondamentali nel diritto primario europeo, prevede nuovi meccanismi di solidarietà e garantisce una migliore protezione dei cittadini europei.

Il Relatore sottolinea che il trattato di Lisbona permette all'Europa di esprimere una posizione chiara nelle relazioni con i partner a livello mondiale e ne mette la potenza economica, umanitaria, politica e diplomatica al servizio dei suoi interessi e valori in tutto il mondo, pur rispettando in politica estera quelli propri degli Stati membri. Più specificamente, l’Europa dei 27 Stati, per un’unione politica, deve condividere alla base la missione di portatrice di valori nel mondo.

Ma quanti stati membri condividono realmente Lisbona ed il suo codice etico?

Sembra davvero che gli sforzi creativi necessari per tale missione, proporzionali ai pericoli che ci minacciano, siano molto più grandi di noi. Però arrendersi, chiudersi in se stessi lontani dal mondo e dai problemi è una soluzione che i federalisti non hanno mai preso in considerazione. Il Professore prende in prestito le parole dello storico Guido De Ruggero: “Vi sono periodi di crisi, di trapasso in cui si vive nello scontento e nell’indecisione. Sono periodi in cui è ingrato vivere, ma sono questi anche i periodi in cui è più degno vivere  per coloro che vogliono vivere da uomini liberi, cioè da artefici del proprio avvenire”.

I provvedimenti presi finora a livello nazionale ed europeo, tra cui il Fiscal compact, affrontano solo marginalmente i sintomi del morbo di cui Europa è preda. Non riuscendo a contrastare e capire le cause profonde della crisi, si è stato capaci solo di agire sul rigore di bilancio e l’austerità. Il “Gran Capitale”, così, continua a spingere per la disgregazione europea, agevolando la crisi ed assicurandosi lauti guadagni. Invece, nel quadro di un’Europa politica e federale si dovrebbe cercare una soluzione comune per tutelare soprattutto le frange più esposte alle conseguenze drammatiche della crisi, riproponendo l’esigenza di rafforzare il modello sociale europeo per promuovere e concretizzare un modello di sviluppo in grado di tutelare anche le generazioni del domani.

Il relatore conclude dichiarandosi pessimista circa la realizzazione di tale visione. Il voler passare da un’unificazione economica a quella politica è fallito, facendoci cadere adesso in una cupa incertezza per il futuro. A questo punto, con arte maieutica, egli ci fa improvvisamente risorgere facendoci balenare una speranza: se un errore è stato l’allargamento a 27 membri, si potrebbe tentare un’unione politica ritornando ai primitivi 6 stati promotori. Questa, forse, è l’unica, seppur ardua, strada da percorrere.

La domanda, però, sorge spontanea: siamo certi che i sei siano gli stati più appropriati e disposti per questo cammino?

La prolusione del relatore ci ha coinvolto al punto di non esserci accorti di aver prestato ben più dei canonici 30’ d’attenzione. Ci sono poi alcune domande che comportano l’ulteriore intervento del Prof. Cova, mirato anche a sottolineare lo scetticismo e la crescente avversione della popolazione CEE verso un’istituzione che, così com’è, scontenta tutti. Qui ecco sorgere l’anima cattolica del relatore: ci ricorda che abbiamo da sempre il Cristianesimo quale forte fattore d’aggregazione, credo che con i suoi valori ci conforta per portare e spingere nel mondo la missione espressa nel Trattato di Lisbona.

Svanito da tempo il sapore della mousse al cacao di Tanzania, carichi di speranza per un futuro migliore della ns. Europa Comune, forse orgogliosi per la missione che ci coinvolge, di certo soddisfatti per aver appreso ed inteso i passaggi della storia dell’unificazione della ns. vecchia ed amata Europa, rinfocolati di accresciuto disprezzo verso l’imbelle classe politica che ci chiama tra breve alle urne, al tocco della campana ringraziamo il relatore per la sua dotta ed accorata dissertazione.

Il solito phenion con diploma attestante il service del Club lo premia per quanto ci ha detto.

Aldo Nicolosi