Cronaca della conviviale n. 25 del 3 giugno 2013

Tema: "La difficile sfida e le prospettive delle Banche italiane: rapporti con le imprese, debito pubblico e regolamentazione

Relatore: prof. Stefano Caselli

 

Siamo di nuovo insieme, assisi e (quasi) composti ciascuno al proprio desco, nel posto scelto od assegnato, dopo i pantagruelici pasti ed anfitrionici ludi consumati presso la lacustre Magione Faraone. La serata è certo interessante per la presenza del ns. socio Stefano Caselli  che c’intrattiene sul Tema:  ”La difficile sfida e le prospettive delle Banche italiane: rapporti con le imprese, debito pubblico e regolamentazione”.

E’ con un energico tocco alla campana che il Presidente, redivivo Moro di Venezia, chiama al silenzio i commensali, felici e non sazi di chiacchiera per il ritrovarsi nuovamente tutti insieme. Stefano, quindi, inizia col parlarci del trend dei mercati finanziari e si sofferma sul paese che sventola il bandierone a stelle e strisce e su quello del Nikado, indicandoli come “leading edge”  del mercato (stupore, con un oh… oh… silente degli astanti) per la funzione di traino che stanno operando. Le scelte di tali paesi per uscire dal “Financial Crisis” nel quale ci dibattiamo sono radicali, coraggiose ed ovviamente, “more solito”, ampiamente contestate dalla comunità europea. Yankees e Figli del Sol Levante, in paesi sovrani con Banche di Stato “autonome”, stanno procedendo nell’immettere notevole liquidità sul mercato, stampando carta-moneta per salvare il sistema economico (il loro in primis). La quantità di valuta immessa dagli USA è alla data più di venti volte superiore a quella che la BCE ha dato/darebbe alla Grecia e con tale danaro, fiume che sfocia nelle banche, la loro economia è traino di quella del mondo occidentale. Risultato di tale politica è che il sistema bancario di tali paesi, ai quali si accoda anche l’albionico  di “Her Majesty”, sta rifinanziando quello europeo. Il futuro degli “american boys” è rosa (anche se, probabilmente, un po’ sul pallido), puntando il loro Boss non solo sulla  totale indipendenza energetica, ma addirittura divenendo essi entro un decennio il primo fornitore mondiale di greggio grazie alle riserve di “shale oil” (o rocce bituminose) di cui, con il Canada, il loro paese è ricco.

Altro fatto che l’ Amministrazione Americana sta operando (e che per la nostra costituisce delitto contro natura) è l’applicazione di una serie di agevolazioni fiscali ed incentivi il cui risultato è il rientro dai Paesi dell’Est delle attività manifatturiere delle loro multinazionali e che, per i bassi costi di produzione, erano state ivi in massa decentrate.

Adesso il relatore c’introduce nel cuore del BRICS, che non è una marca di valigeria, ma l’acronimo dei paesi che hanno la maggior crescita economica. Ci parla proprio di India e Cina, nazioni che costituiscono in toto 1/3 dello scenario globale, criticabili e sanzionabili per il loro modello sociale,  ma forti per lo sviluppo demografico che spinge la loro economia. L’Europa, in questo, soffre sia per l’allungamento della vita media (noi vecchietti, però, non ci lamentiamo), sia per il decremento delle nascite (trionfo dell’Ogino Knauss). Gli altri paesi,  Russia, Brasile e Sud Africa sono brevemente parafrasati come non affidabili per lo sviluppo e traino dell’economia. Infatti: la Russia è luogo ove pascola la corruzione, è caratterizzata da un sistema politico che mette nelle mani di uno TZAR privo di sangue blu un potere quasi assoluto, è critica per la tenuta del suo debito pubblico, per la non chiarezza del bilancio di Stato, perché nulla si sa sulla sua “accountability”, per i suoi controversi rapporti commerciali; Il Brasile non ha una classe dirigente adeguata  sia nel pubblico sia nel privato, è stata spinta ad una violenta crescita economica da un (ex)capo populista che ha copiato  in peggio il fallimentare modello immobiliare di sviluppo spagnolo e fida su poche grandi imprese nazionali. Infine il SudAfrica, paese che l’oratore non ritiene di supporto all’economia mondiale per il suo limitato ruolo.

Cosa dire dell’Africa? E’ un continente controverso, ove Cina ed India se ne stanno contendendo pezzi mirando gli uni al territorio, gli altri alla catena dei sevizi. Continente ricco di risorse naturali, è “tierra de lobos e campeadores”.

E noi? L’Italia è assente in questo contesto e l’Europa finora tace. Però qualcosa è destinato a cambiare: nel 2014 la BCE prenderà il governo del sistema bancario europeo e, forse, sarà rafforzata dalle elezioni dei suoi rappresentanti (a meno che non si tratti, almeno per noi, della ricomposizione del solito “Club dei Riciclati”). Le Banche di Stato Nazionali, allora, novelli Sansone senza chioma, perderanno la loro forza ed i loro consigli d’amministrazione dovranno avere membri con requisiti espressi dalla direttiva europea (conoscenza di tre lingue, esperienza internazionale, titoli di studio). Se così fosse, da noi si opererebbe una rivoluzione copernicana, col totale sconvolgimento della situazione in atto.

Speranza ed ottimismo, quindi, sorretti tutti dalla la forza della fede (sia beato chi ci crede!).

Riassunto così lo scenario internazionale, Stefano passa più direttamente ai fatti di casa nostra.  In primis parla dei debiti delle banche e della liquidità che queste possono immettere sul mercato. Ma, ahinoi! Questa finora è rivolta ad investimenti sui titoli di stato, restando invero poche gocce per il il povero imprenditore (“l’accattone” querelante). Modesta cartina di tornasole per la ns. situazione nazionale, non è in effetti il solo debito pubblico che ci onora di uno degli ultimi posti nel rank delle classifiche mondiali sull’efficienza delle nazioni: a tale posizionamento concorrono altri elementi quali la tutela dei diritti civili, l’inefficienza della magistratura (lungaggine dei processi, la non certezza del giudizio), l’ordine pubblico, le contestazioni sindacali, l’evasione fiscale, il livello di tassazione, il privilegio delle Caste Dominanti (Magistratura, Alta Dirigenza dello Stato), la burocrazia e la palude legislativa, … . Tutto ciò fa in modo che l’Italia occupi saldamente, nella classifica anzidetta, uno degli ultimi posti, a spalla con la Russia (glorioso certame per chi tende più al fondo), dietro la più parte dei paesi del terzo e quarto mondo.

Ma qual è la situazione delle banche italiane e come si può uscire da tutto questo?

Il mondo bancario non vive una situazione brillante. Il 20% dei crediti vantati verso la clientela è in sofferenza (la metà di questa i è ritenuta “critica”) ed una loro pulizia è lunga nel tempo e non indolore. Purtroppo, il guasto è correlato alla scarsa cultura di mercato delle istituzioni finanziarie, ai favoritismi, al conflitto d’interesse dei consiglieri d’amministrazione, alla gestione clientelare delle fondazioni. Rimedi?

A fronte della sua cultura ed esperienza internazionale, Caselli dà qualche indicazione.

Occorre presidiare il territorio, vivendo al fianco degli imprenditori, operare la (parziale) trasformazione in capitale sociale del credito vantato verso le società debitrici, con l’ingresso della banca nell’azionariato, corteggiare il cliente ed operarne l’innamoramento ridisegnando il rapporto distributivo del credito, ridimensionare il costo della gestione degli istituti (quello italiano è in assoluto uno dei più elevati) operando una rivoluzione telematica (pensa te! A Mumbai (ex Bombay per l’ Indian Pride) anche i paria hanno un tablet  per il loro accesso alle banche “in mobilità”. Ma il vero problema delle banche italiane è la “rionalità”. Nessuna di esse è un vero player internazionale, come può essere Deutsche Bank, Barklays, Bank of Scotland, Paribas e le grandi statunitensi. Ci ha tentato con il suo “Profumo” l’Unicredit, ma gli è rimasta soltanto la gratificazione del detto “molti nemici, molto onore”: mai operazione d’internazionalizzazione (acquisto di una grande finanziaria statunitense) fu così meno sostenuta dal Governo ed avversata e bocciata dal circuito bancario.

Cosa occorre fare allora, se non per la crescita, almeno per la ripresa? La risposta è quella tipica del Signor di Lapalisse: creare l’industria del risparmio assistito ed aiutare la Borsa Valori milanese, istituzione finanziaria all’avanguardia per i sistemi di trading e legislativi. Come? Dagli interventi canonici più semplici, quali l’incentivazione agli investitori  e le quotazioni in Borsa, al dare “sbriglio” alla fantasia. Qui Stefano ci dà un chiaro esempio di come creare valore percorrendo sentieri al di fuori della usuale/banale logica operandi, suggerendoci il teorema della “carta geografica rovesciata”. Questo è un metodo d’indagine per trovare nuove opportunità, da lui promosso ai suoi pupilli (o studenti all’inglese): guardare dove non c’è luce (Africa),  ove ci sono i maggiori trend demografici (India e Cina), ove ci sono le lingue più parlate (portoghese ed indonesiano). In poche parole,: la cartina geografica convenzionale è ormai storia.

Sta per scoccare il 30esimo minuto d’intervento e poiché il Presidente non indica minuti di recupero, il relatore passa alla conclusione accendendo una luce nel buio: l’Europa politica si farà (forse) grazie alla sopravveniente sovranità della BCE che toglierà valore alle Banche Nazionali e sarà di guida ed imposizione della politica finanziaria dei singoli stati della comunità. E poiché senza soldi non si canta messa, il fatto è tautologico.

Il sommesso commento di alcuni saggi in sala, però, è: chi vivrà, vedrà …..

E ci auguriamo tutti una felice lunga vita.

Aldo Nicolosi