Cronaca della conviviale n. 4 del 19 settembre 2011

Tema: Parliamo di tango”

Relatore: dott. Massimo Caponeri

 

Il Presidente, puntuale e solido martellatore di campana stile “Moro di Venezia”, alle 21.30 con voce stentorea, ma anche mettendola un po’ sul faceto, ci annuncia che “Sergio (per il popolo astante più conosciuto come Massimo Adolfo Caponeri) ci parlerà di TANGO e ci farà vedere anche COSE TURCHE”. Aspettando che Sergio Massimo Adolfo acceda al desco ove manovrare computer e quanto altro per la sua prolusione, Sandro c’introduce la Tanghéra Argentina, gradita ospite e tutrice di Massimo Sergio Adolfo, che fa bella mostra di sé al tavolo presidenziale. A questo punto, sistemati i media, soffusa la luce in sala, nel silenzio dell’uditorio il relatore Massimo Adolfo Sergio si lascia andare nella presentazione del suo tema, dall’auditorio poi ribattezzato come: ”Il Tango di Massimo Adolfo Caponeri, minuto per minuto”.

Con aiuto di uno stupendo reportage e filmati sulla storia del Tango, Massimo parte da lontano, dalla palingenesi di tale danza che connubia ritmo, erotismo, moda e tradizione di un popolo che lo ha assunto come alta espressione d’orgoglio e fierezza nazionale.  Il tango argentino, forma d'arte che comprende musica e danza, è nato a Buenos Aires intorno alla seconda metà dell'800. Come per il Jazz in New Orleans, in origine si produsse nei quartieri poveri ed emarginati ed ebbe successo soprattutto nelle case di tolleranza (tango ha la stessa radice semantica di tànghero). Il tango utilizzò per le sue esecuzioni il bandoneon, strumento inventato dal tedesco Band, sorta di fisarmonica con fori la cui apertura o chiusura con i polpastrelli produce le note e le cambia a seconda se il mantice viene compresso o dilatato. In principio il tango, muovendosi dalla  “calle de las putas”, si affermò come musica popolare nel rapido e tumultuoso sviluppo di Buenos Aires, che passò rapidamente a cavallo dei due trascorsi secoli da 200.000 a 1.200.000 abitanti.

Proprio per la sua volgare origine e l’essere espressione di depravazione e sesso, la danza fu combattuta dal Soglio di Pietro e dai più puritani capi di stato e regnanti dell’epoca. Di fronte alle richieste d'interdizione delle autorità ecclesiastiche, si narra che Papa Pio X avesse chiesto l’esibizione di una coppia di ballerini per avere una visione diretta e precisa del nuovo ballo, sì da poterne valutare di persona gli aspetti scandalosi. Avvenuta l'esibizione, il Papa avrebbe detto:”Mi me pàr che sia più bèo el bàeo a' friulana; ma nò vedo che gran pecài ghe sia in stò novo bàeo!”, disponendo quindi la revoca della sanzione ecclesiastica.

E’ grazie però al grande Gardel se ne ha il suo vero sdoganamento e la sua elezione a musica nazionale argentina negli anni ’30. La successiva evoluzione, avvenuta essenzialmente negli anni ’40, darà origine al tango che ad oggi balliamo (più precisamente Massimo balla) e che tutti ammiriamo.

Il tango è un ballo basato sull'improvvisazione, caratterizzato da eleganza e passionalità, con il passo base improntato a quello di una normale camminata ed in pista non esiste l'idea di sequenze predefinite, lasciando alla fantasia dei ballerini il costruire come in uno stretto dialogo il ballo di coppia. La posizione di danza è un abbraccio frontale asimmetrico in cui l'uomo con la destra cinge la schiena della ballerina, tenendole con la sinistra la mano. Poche regole semplici dettano i limiti dell'improvvisazione: l'uomo guida con un linguaggio puramente corporeo la propria compagna e la donna segue.

Per introdurre alla ritualità della danza, nelle scuole di tango insegnano delle sequenze con passi predefiniti, come la Salida Basica, in cui si sviluppano tutti i passi in parallelo: ad un movimento del piede destro dell'uomo corrisponde un movimento del piede sinistro della donna e viceversa (ahimè! Il passo del Ballo del Mattone a cui siamo usi è leggermente più semplice … ).

Il luogo dove si balla il tango è chiamato Milonga  (volgarizzato anche in Tangheria).

Il tango si presta a varie interpretazioni, realizzandosi in tango democratico, tango letterario, tango poetico. Esse nascono tutte dal dolore e pathos della gente e spingono uomo e donna nell’abbraccio, per farli diventare una cosa sola, un’unica massa d’energia. 

L’invito al ballo è l’inizio del rito: i due opposti sessi si cercano e si scelgono a distanza con lo sguardo (silente cerimonia detta “guarneceo e mirada”); dopo l’intesa l’uomo s’appressa alla donna e la prende (a meno che non si tratti di una suffraggetta, in tal caso rischiando in proprio dal turpiloquio alla sanzione corporale). Stretti in comunione nell’abbraccio, si va quindi in Salida Basica” ed oltre …. in funzione di luogo, astanti e compartecipanti.

Il tango si caratterizza, infatti, in diversi tipi di ballo. Nelle milongas si balla lo “stile milonguero”, dai movimenti contenuti e adatti agli spazi ristretti riservati ad ogni coppia: abbraccio stretto, petto contro petto, bacio nel collo ((Rosanna Miller dixit!).

Nei locali più raffinati invece si balla il “tango salon”; nelle esibizioni o spettacoli vari, sia in teatro che in locali adatti o nelle strade, i ballerini si esibiscono in uno stile molto coreografico detto “tango scenario o tango exhibition” (caratterizzato da ganci, grandi giri, sgambate e squadre da parte della donna). Adesso, ci dice il tradizionalista Massimo con rammarico, si sta affermando il genere noto come “tango nuevo”, creato con l’introduzione di passi di altre danze non autoctone (orrore! Passi di salsa e merenghe?).

Ultimata con la visione di accattivanti filmati la parte didattica del suo intervento, Massimo passa al suo “tango minuto per minuto”, narrandoci e facendoci vedere come da ”tanghista” è evoluto in  “tanghéro” (attenzione a non errare nell’accento!), ripercorrendo tempi e luoghi del suo procedere nell’arte di tale danza. Un’esibizione finale dal vivo, con suo abbraccio con la Tanghéra Argentina, note scandite (ahimè) soltanto dalle casse del computer, inizio con salida basica, concludono tra gli applausi la serata.

Certo, per chi è gente del Sud, gente di campagna come Renato Coluccia e me stesso, avvezzi alla Taranta od alla più semplice Tarantella, il nostro Gerardo più uso al Putipù ed anche l’Idalgo Ottavio, di nobile loquela castigliana e certamente più solito mirare visioni di Bolero nei suoi trascorsi iberici, quanto visto e sentito ci pone in condizioni di sacra inferiorità nei confronti di Massimo e del mondo dei tanghéri. Lasciando la sala, però, la mente dei più, vagando nelle lontane nebbie del bertolucciano “Ultimo Tango a Parigi”, si rivolge ai nostri attuali fatti nazionali, centrati sul  recente ed acclamato lancio mondiale di una versione casereccia di “tango italiano”, nota come “Bunga Bunga”, concepita, officiata e danzata in luoghi selezionati (e riservati ad un’elite) dal Cavaliere e dal suo entourage.

Aldo Nicolosi