Cronaca della conviviale n. 2 dell' 11 luglio 2012

Tema: Pinot nero ... in tricolore”

Relatori: dott. Nico Conta

 

Se il Poeta (non il Sommo, ma un Angelo Poliziano qualunque) avesse parlato della riunione e del ns. saccente oratore, spersonalizzandosi in lui e rivolgendosi in dolce tosco agli astanti, avrebbe iniziato a decantare:

I’ dell’etrusco Chianti pari al rubin vi mescerò,

rugiada che ci bacia …..

Ovviamente avrebbe fatto un clamoroso errore, in quanto il Dott. Nico Costa ci ha in realtà fatto l’elegia del PINOT NERO, “roba dell’Oltrepo Pavese”.

Questi inizia con un quesito: “Qual è il più grande vino del mondo?”. L’auditorio è attonito: anche i più esperti gourmet in sala sono sgomenti! Il nostro relatore, invece, va dritto alla meta, esperto nel gioco e sicuro di darci per tempo l’agognata risposta, ci conduce con esperta arte maieutica alla soluzione. Inizia quindi deciso nel dirci che tre sono i parametri che permettono di giudicare un vino: Complessità, Longevità ed Eleganza.

Per farci capir meglio, inizia dal primo con un esempio banale, chiamando in causa lo Zio Sam con la sua Coca Cola.

Questa, che afferma essere la migliore bevanda del mondo (rumorio in sala da parte dei nostalgici della, seppur vetusta, ma mai obliata gassosa nazionale con pallina di vetro), è purtroppo caratterizzata da monogusto: la si beve senza averne di ritorno alcuna emozione. Il vino, invece, è “multifaced” (oh! Oh!, oh! Oh!), presentando svariate sfaccettature di gusto, ampiezza, profondità e qualità, atto a trasmetterci variegata quantità e gradi di sensazioni organolettiche (ahimè! Personalmente ci capisco non molto ed essendo un tradizionalista mi rifugio solitamente nel mio Nero d’Avola, che mi appaga ampiamente con i suoi 14° nature).

La longevità del vino è correlata a diverse cause: acidità, estratto, corpo, grado alcolico. A distruzione dell’ignoranza dei più e del sapere di pochi, l’esperto enologo prima ci atterrisce affermando che in 30 gr. di estratto secco per litro si riconoscono (abile chi lo fa e lo sa) circa 1.600 sostanze chimiche, essendo tale mix dato dal suolo di coltivazione e dalla forza del vitigno di estrarvi umori e sostanze per fissarle nel grappolo, poi ci stupisce con la conferma che è il prodotto in natura più longevo, capace anche di mantenersi nei secoli (comprova nel ritrovamento di anfore vinarie dell’augusto ed ancor buono Falerno in imbarcazioni romane preda all’epoca delle ire di un impetuoso Nettuno che le chiamò spesso a sé negli abissi).

Questo dono del dio Bacco (furbissimo nel farsi propaganda con i suoi baccanali) sopravvive, quindi, imperituro nel tempo per trasferire emozioni: chi di noi non ha legato un importante evento all’acquisto di un particolare vino od all’imbottigliamento dello stesso?

L’eleganza è attribuibile al suo equilibrio, armonia e semplicità, pur nel rigore della bevanda, elementi che si traducono nella coerenza con il corpo del vino.

La Matrice del nettare che lo genera è quindi il “vitigno” ed il dotto relatore ne indica tre parametri contraddistinguenti: la Rarità, la Difficoltà, la Tecnicanalità.

La tipologia dell’innesto definisce la rarità. Ecco che qui sorge “ex abrupto” il PINOT NERO, che nel suo mondo ha la palma del manufatto più raro: un'uva che richiede grande maestria ed un clima adatto perché possa concretizzarsi in ottimo vino. Il Pinot Nero, infatti, è per molti sinonimo di vini di grande classe ed è l'uva a bacca nera più usata nella produzione di spumanti fra cui lo Champagne. Nomi famosi lo seguono invidiosi, anche se si appagano per essere più diffusi: Cabernet, Merlot, Chardonnay, il siriano Shyraz, il o la Barbera (invischiato in una secolare disputa di sesso), il Nebbiolo, il Sangiovese, … .

La Difficoltà è insita nelle condizioni ambientali che influiscono intrusivamente nella “costruzione” del vino. Il Pinot Nero è in tal senso il più delicato: soffre la siccità, il vento, le alte temperature, come i suoi sbalzi. E mentre tutte le uve si vinificano nello stesso modo, detto vino ha una ben definita unica tecnicalità che lo contraddistingue.

Il Pinot Nero è un'uva piuttosto bizzarra, certamente fra le più difficili da coltivare e da vinificare: non solo richiede condizioni climatiche idonee per potere esprimere il meglio di sé nel vigneto, ma richiede anche un'elevata dose di bravura sia da parte dell'agronomo sia da parte dell'enologo. Il Pinot Nero è una prova impegnativa per tutti coloro che si confrontano con quest'uva con lo scopo di produrre vini, una condizione che rimane vera anche nella sua terra di origine e che ancora oggi è considerata la migliore zona: la Borgogna.

La difficoltà nella produzione di vini con Pinot Nero è probabilmente anche il motivo della divisione fra gli appassionati della bevanda di Bacco. Per molti il Pinot Nero è capace di produrre vini di grande classe ed eleganza, per altri invece è un'uva capace di dare vini poveri di emozioni. Forse quelli che lo sostengono lo fanno perché hanno avuto l'opportunità di degustare grandi vini da Pinot Nero, mentre quelli che non riescono ad apprezzarlo probabilmente hanno sempre degustato Pinot Nero mediocri che, purtroppo, sono la maggioranza dei vini prodotti con quest'uva.

Il Pinot Nero, il cui nome deriva dalla tipica forma del suo grappolo, compatto e serrato sì da ricordare una pigna, è fra le uve più antiche di cui si hanno notizie storiche e la sua terra di origine è molto probabilmente la Borgogna. Si ritiene che ivi sia nato e coltivato da ben oltre 2.000 anni e già godeva di una certa notorietà in Roma Imperiale, quando autori come Plinio il Vecchio e Columella lo citavano anche nelle loro opere.

Il relatore afferma che esistano oltre 1.000 diverse varietà clonali appartenenti alla famiglia dei Pinot, di cui le più celebri sono Pinot Bianco, Pinot Grigio e Pinot Meunier. La coltivazione del Pinot Nero e la successiva produzione di vino rappresentano sempre una sfida, alla quale egli non si sottraer, e non è un caso che i vini di alta qualità prodotti con quest'uva siano piuttosto pochi, mentre abbondano quelli di qualità mediocre.

Il Pinot Nero è inoltre celebre nella Champagne – zona a nord della Borgogna - ed è l'uva a bacca rossa più utilizzata per la produzione di spumanti, essendo anche responsabile dell'affascinante colore degli spumanti gay (i rosati), ottenuti in genere aggiungendo vino rosso prodotto con quest'uva.

Poiché l'acidità è il fattore critico del Pinot Nero e questa deve essere quanto più possibile conservata in modo da non comprometterne l'equilibrio, le zone di coltivazione e produzione devono essere a clima fresco, tali da consentire una lenta maturazione ed uno sviluppo elegante ed ottimale dei suoi aromi. Ecco, quindi, nascere nella seconda metà dell’ 800 un’alternativa alla Borgogna (la terra del ns. “franzoso” Michel Emanuel) nell’Oltrepò Pavese, eletto quale seconda patria del Pinot Nero e dove ora si cimenta il nostro Oratore nella gestione della prestigiosa azienda “Cantine Conte Giorgi di Vistarino” nel Comune di Rocca de’ Giorgi.

Certo di averci tutti portati alla conclusione che “senza Pinot Nero meglio morire”, per introdurci alla corale degustazione di cotale nettare, l’oratore conclude precisando che gli stili di vinificazione del Pinot Nero si possono essenzialmente riassumere in due categorie: vini rossi e spumanti. Nella produzione di vini rossi, il Pinot Nero è nella maggioranza dei casi vinificato in purezza e piuttosto raramente miscelato ad altre uve, negli spumanti è generalmente utilizzato nella produzione del metodo classico per conferire struttura e complessità aromatica.

Prima della finale promessa “imbriacata“, ecco che il ns. Sandro, fiero di aver portato nel Club il meglio degli enologi della Padania e con l’impegno che questi sia il ns. Virgilio nella visita del 1° Ottobre nella vetusta, avita e prestigiosa azienda che adesso dirige nelle brume del pavese, dà inizio alla danza delle domande. Espletate quelle di carattere universitario e farmacologico del Prof. Fraschini, si svolge un ampio e partecipato dibattito sul sesso del Barbera (se il o la), fieramente sostenuto da alcune spalleggiate componenti dell’Inner Weel come appartenente al loro genere (il Pinot Nero, invece, non si discute: è maschio!), alle quali il relatore, per buona pace del Club, dà conferma. La seduta, infine, si conclude con le vibranti proteste (mica tanto, si celia e si fa per dire …) della componente sudista del Club, validamente rappresentata da Franco Leone (propugnatore del Negramaro, vino che racchiude in sé un’anima unica, che col suo profumo richiama alle assolate terre salentine e che col suo sapore inimitabile si è fatto apprezzare in tutta Italia ed all’estero) e dal sottoscritto (buon propugnatore del siculo Nero d’Avola, principe dei vitigni siciliani, che ha catturato interesse ed investimenti di famosi viticultori d’oltralpe, quali il Gerard Depardieu che, però, propaganda in televisione il pomodoro nostrano, affermando di avere cuore italiano).

Eccoci arrivati al rito finale della “imbriacata”. In realtà è solo un abboccato assaggio di quello che abbondantemente ci innaffierà in Cantina Vistarino il 1° Ottobre: lo spumante “1865 Cantina Vistarino”(metodo italiano di produzione del Brut, 50 mesi d’invecchiamento, 24 mesi dalla sboccatura) ed il “Saignèe della Rocca ( Cruasè oscar qualità 2011) in un tintinnio di bicchieri ci fanno concludere in gloria la serata e ci avviano barcollanti al periodo di ferie.

Aldo Nicolosi