Cronaca della conviviale n. 33 del 20 giugno 2011

 

Tema: La pirateria somala

Relatore:TV Michele Sancricca

La presentazione

 

All’implacabile rintocco della campana, dietro garbate, ma palesi minacce di lancio di microfono ad uso di maglio o corpo contundente per gli incessabili ciacoloni, il Presidente cede parola all’IncomDescrizione: Gorgoglioneing al fine d’introdurre una neofita.

Sandro, al dire: ”Sarò breve, brevissimo ……. Ho finito!”, ci presenta Stefania.

In effetti, dopo aver letto nel bollettino un curriculum di circa 22 pagine, tutto si sa sull’avvocato che si aggiunge a noi.

Due soltanto i remark di Sandro:  ”Stefania abbassa l’età media del Club, ama i cani e …… scapoloni, fatevi sotto, è un ottimo partito! Non perdete la migliore delle occasioni!”.

Se tra i tavoli chi ha tale status valuta se scendere nell’arena (anche se a volte un cane è meglio di un marito), Stefania, accompagnata dall’attenta genitrice, con naturale gentilezza e simpatia (malcelata emozione?) si dice lieta ed orgogliosa di aggiungersi a noi (ai posteri l’ardua sentenza!).

Così, mentre il ns. Prefetto raccoglie silenzioso tra i tavoli il plauso e la soddisfazione dei commeDescrizione: Sancriccansali per l’ottimo pesce al cartoccio che ci ha satollati, Luigi Luce, il già collaudato Rappresentante della Marina Militare in sede perenne al ns. Club, introduce il relatore, ai più di noi noto per la sua virgiliana attività svolta nella ns. visita alla Cavour. La giovane età del Tenente di Vascello, che ha avuto nella Cavour il suo bambino, non ci deve meravigliare se già presta la sua opera ed esperienza al Centro Logistico di Londra per il coordinamento alla lotta navale contro la pirateria somala.

In lui Luigi puntualizza subito un merito e qualche difetto: è un Morosini, ma ha diploma classico e (ludibrio!) laurea in legge, emendata fortunatamente con appropriati corsi d’istruzione tecnica.

Il relatore, quindi, con un’esposizione succinta ed efficace, ci coinvolge tutti nel tema della pirateria somala, unica tremenda risorsa di un paese ove la miseria è lo status di una popolazione allo stremo, dove gran parte dei villaggi sopravvivono per il cibo che l’ONU costantemente invia (sotto scorta navale) per sfamare milioni di affamati e denutriti. Ciò spiega il nascere e l’irrobustirsi di una piaga come la pirateria.

Dopo un periodo di relativo sufficiente benessere e quiete del paese sotto il protettorato italiano, dalla fine del Presidentato di Sidney Barhe, il paese è divenuto un continuo campo di battaglia, miseria e morte. In questa terra di nessuno, ove la vita media è 33 anni, morire per mare è una valida chance per la possibilità di un guadagno inusitato a pescatori che possono solitamente raccogliere qualche decina di dollari al mese per sopravvivere. Tale miseria, a partire dal 2004, è stata opportunamente sfruttata da chi “vuole così colà ove si puote” al fine di creare della pirateria un’attività industriale.

Le decine di attacchi l’anno alle navi mercantili e cargo che attraverso l’oceano indiano e raggiungono l’Europa secondo due rotte che si dividono nel golfo di Aden, il canale di Suez ed il Capo di Buona Speranza, sono cresciute fino a diventare attualmente migliaia. Da un’attività di pirateria solo occasionale nel 2004, si è quindi passati nel 2007 ad una in “franchising”, finanziata da “precisi gruppi di potere malavitoso”, per trasformarsi ai giorni nostri in un’attività industriale ad alto rendimento e ben remunerata per gli adepti (in caso di successo).

I pirati alloggiano sulla bianca sabbia delle spiagge somale e lì hanno tutta la loro logistica. Con i loro veloci barchini in vetroresina si spingono fino a 150 km. dalla costa alla ricerca della preda.

Vanno in formazione di tre unità e, avvistatala, si dispongono a triangolo nei confronti della prua della nave. Un lungo cavo d’acciaio teso tra i due barchini alla base di tale triangolo aggancia la prua della nave che così trascina ed avvicina a sé i natanti. A questo punto inizia la danza: fuoco a gogò verso gli spalti, qualche razzetto di contorno e la nave è catturata, costretta ad andare a riva per un lungo sequestro. Cosa avviene quindi? La nave viene cannibalizzata, l’equipaggio ed il carico (in genere materiale d’elettronica o greggio) tenuti in ostaggio (se va bene) fino al pagamento di un riscatto. Tutto si conclude mediamente con il pagamento di quanto chiesto con la collaudata modalità di lancio paracadutato da un mezzo aereo in mezzo al mare di un involucro con il preteso guiderdone in dollari.

Cosa ha reso l’operazione? Per un dissequestro saldato con una cifra variante da 4 milioni a 10 milioni di dollari, circa 40.000 $ ad ogni pirata, molto di più ai capi e la parte cospicua del malloppo ai Fantomas dell’organizzazione. A parte qualche spesuccia in cotillon, barbera e champagne per i festeggiamenti e sollazzi dei quali questi usualmente gioiscono, il danaro meritatamente guadagnato (un totale annuo di diversi miliardi di $) è sapientemente investito nelle operazioni immobiliari che hanno contribuito a creare nel Dubai la città del futuro, con grattacieli che sfidano l’Olimpo e grattano i piedi di Giove Pluvio e nel finanziamento continuo dell’impresa per una sua crescita. Per gli armatori il problema si configura nel pagare alti premi assicurativi e nel proteggere le navi con barriere di filo spinato, potenti pompe a getto d’acqua e gruppi di Rambo che, emuli di Stallone, a fuoco controbattono fuoco. Ogni nazione interessata ai trasporti, poi, assicura con almeno una propria unità navale per il pattugliamento dell’area. Cosa costa questo alla comunità? La scartina di 10 -:- 12 miliardi di € / anno.

Quali i costi per l’Italia. Pesanti e molto, soprattutto gli indiretti. Dei circa 1.500 cargo della flotta commerciale italiana, 12 transitano giornalmente per Aden (due sono attualmente sotto sequestro). Per evitare gli assalti, piuttosto che dirigersi verso il canale di Suez nel Mar Rosso, le compagnie di navigazione scelgono la rotta atlantica ed evitano l’ingresso nel Mediterraneo. Facendo così scalo merci a Rotterdam, hanno incrementato le attività portuali olandesi, a detrimento di quelle dei nostri approdi appositamente attrezzati (Genova, Gioia Tauro, La Spezia), ove si registra un decremento preoccupante d’attività e crescente disoccupazione.

La nostra Marina Militare fa la sua parte con un attento sorvegliamento a protezione delle rotte dell’Aden, con un’unità in continuo pattugliamento. Alcuni suoi interventi hanno evitato gli assalti e si sono anche concretizzati nell’arresto dei pirati. Qui, purtroppo, si manifesta la vera debolezza dell’azione di salvaguardia al contrasto della pirateria: un vuoto normativo impedisce di concretizzare una pesante azione punitiva verso i pirati.

A fronte degli alti costi da sostenere per mantenere costante la vigilanza  con  uno spiegamento di forze che conta 55 navi di pattuglia, i pirati purtroppo stanno al momento vincendo: 19 sono i mercantili ancora sotto sequestro, con 400 uomini d’equipaggio. Cosa fare allora per non soccombere? Il nostro Capitano indica quattro punti:

  • Certezza della pena per i pirati;

  • Investimenti degli armatori per rendere le navi meno attaccabili (raggi laser per accecamento degli occupanti i barchini, microonde energetiche convogliate sulla pelle dei pirati, etc.);

  • Incremento dell’attività di pattuglia;

  • Pacificazione politica della Somalia, paese ove tutti sono contro tutti.

La relazione è terminata e la palpebra a nessuno è calata grazie ad un’esposizione concisa ed efficace. Gli interventi di rito permettono al Capitano di dare ancora alcune conferme ed integrazioni su quanto esposto, meritandosi, quindi, se non una Paul Harris, il phenion del Club e l’attestato di contribuzione alle ns. opere benefiche (i cd del concerto del Maestro Gambel sono da tempo finiti).

Con il rituale ed aggraziato tocco della campana il Presidente ci manda a nanna.

Aldo Nicolosi