Cronaca della conviviale 23 del 14 marzo 2011

 

Tema: Il perché evoluzionistico  dell’amore

Relatrice: Prof.ssa Grazia Attili

 

Se oltre ad essere ordinario alla Sapienza con la facilità di eloquio che ne consegue, si è esperti di psicologia sociale, quindi si sceglie un tema interessante e in più (senza voler accendere per questo questioni sulle pari opportunità) si è dotati di naturale fascino, allora non può esserci partita: il mix del perfetto oratore è garantito. Inoltre, considerando che la professoressa Attili è sorella del nostro Angelo ed è lei stessa rotariana del Roma est (dettaglio tutto sommato trascurabile in momenti di celebrazioni sull’unità d’Italia), l’intesa con il pubblico del Giardini non poteva essere che totale.

Ed è stato infatti facile per la nostra ospite catturare saldamente la platea di rotariani, mantenerne desta l’attenzione per tutta la serata (nonostante i ravioli alla polenta, i rustin negaa e la pastiera) e suscitarne infine le residue energie così che numerosi soci – dopo la relazione - sono intervenuti con domande anche molto articolate e complesse (con dotti riferimenti ad agape e phileo ecc) .

La serata inizia con i saluti del Presidente e con un momento di raccoglimento chiesto da Roberto per ricordare Edo Loser, indimenticabile e festoso amico di tutti noi, che ci ha appena lasciato.

Quindi, dopo la cena, prende la parola Angelo che ci presenta la nostra relatrice da lui per altro conosciuta da molto tempo, giacché – come già anticipato – si tratta di sua sorella. Intanto Luce, come al solito, si dava da fare trafficando con l’ambaradan audiovisivo e generava negli astanti – quantomeno in quelli di scuola più licenziosa - delle attese di immagini esplicite circa il tema programmato; ovviamente, com’era facilmente prevedibile, queste attese sono andate assolutamente deluse ma è non si può non rilevare una certa goliardia che, nonostante tutto, permane anche tra i compassati partecipanti di una conviviale del Rotary.

Grazia (ci permettiamo di chiamarla così anche in considerazione della sua rotarianità) pone una questione di grande interesse e non solo per gli sciupa femmine (o per par condicio le sciupa maschi), siano essi rotariani o commoners. La domanda è di quelle esistenziali: perché amiamo? E la risposta, a prescindere dal punto di vista dei poeti che cantano l’amor profano sin dal tredicesimo secolo (ed escludendo – aggiungiamo noi – i cantori greci, romani, indiani, cinesi, ecc.) è in fondo molto razionale e illuministica, forse persino un po’ prosaica.

Si ama per favorire e assicurare la riproduzione di una specie, quella umana, che da quando è scesa dagli alberi e ha imparato a camminare eretta ha subito diverse evoluzioni, sia dal punto di vista fisico che sociale. L’evoluzione fisica ha fatto sì che i cuccioli d’uomo nascessero sostanzialmente immaturi e quindi bisognosi di cure parentali, le quali devono prolungarsi per molto tempo dopo la nascita. Da qui la necessità di mantenere rapporti di coppia e di conseguenza famigliari di tipo stabile, che possibilmente assicurino per il tempo necessario l’assistenza e la sicurezza di cui la prole abbisogna. Ma l’evoluzione ha avuto anche riflessi sociali, infatti, abbandonando le quattro zampe e assumendo la posizione eretta è stato più facile guardarsi in faccia; abbiamo così imparato a riconoscere i caratteri somatici esterni che, indirettamente, sono distintivi del successo riproduttivo: somiglianza, familiarità, sensibilità ecc.

Da parte maschile si è inconsciamente ravvisata la necessità di riconoscere la “buona fattrice”, e da qui la bellezza come indicatore della salute fisica e poi, la giovinezza, che garantisce un orizzonte di fertilità più ampio. Da parte femminile, è stato invece necessario individuare maschi con buone risorse intellettuali che, si presume, saranno trasferite alla prole (almeno senza diluire quelle materne), e con solide disponibilità materiali che diano stabilità, sicurezza ecc. E di queste caratteristiche, noi rotariani che intimamente ci riteniamo tutti un po’ maschi alfa andiamo particolarmente fieri.

Quindi, in estrema sintesi, le radici dell’amore e del perdurare della coppia vanno ricercate – almeno dal punto di vista della psicologia - in Darwin e nella fisiognomica.

 Tutto molto interessante e presentato in maniera chiara e professionale, con divagazioni divertenti e spiritose che nulla hanno tolto al rigore scientifico. Certo che chi pensava che i propri successi amorosi derivassero da innate capacità fascinatorie, induttrici di passioni sconvolgenti quanto irrazionali, ha dovuto rivedere queste sue convinzioni sulla base di una fredda logica riproduttiva, coniugata magari al soddisfacimento avuto nei suoi primi mesi di vita del bisogno di sicurezza naturalmente innato nella razza umana a causa della propria immaturità fisiologica. In ogni caso, e per fortuna, nulla impedisce che il lato poetico dell’amore coesista con quello evoluzionista e ciò senza nulla togliere al rigore scientifico della teoria.

Come già detto ci sono state poi domande da parte di Leone, Bramani e Caponeri; e molte altre ce ne sarebbero state se l’ora tarda non avesse imposto a Roberto di terminare la conviviale; il Presidente ha così ringraziato la prof. Attili, conferendogli il fenion del Giardini e la consueta attestazione per i Semprevivi e poi, con l’arrivederci alla prossima conviviale e un vigoroso colpo di campana, ha chiuso la serata.

Marco Tincati