Cronaca della conviviale n. 14 dell' 11 gennaio 2010

Tema: I semprevivi: Dentro la città e dentro la natura

Relatrice: Don Domenico Storri

Difficile commentare una serata come questa, la prima del nuovo anno, iniziata sommessamente con gli auguri di rito e senza particolari aspettative se non quella di riprendere la nostra tranquilla tradizionale routine rotariana dopo le feste natalizie.  

Per tutti coloro che non conoscevano don Storri, l’intervento del parroco di San Pietro in Sala a illustrare l’attività della ONLUS da lui fondata per la cura e l’integrazione del disagio psichico, appariva come uno dei tanti esempi di impegno sociale perpetuato da sacerdoti che intendono il loro ministero in maniera particolarmente attiva nel sociale. Attività encomiabile che si coniuga perfettamente con i principii rotariani ma, sin qui, apparentemente niente di nuovo. 

Dopo la presentazione di rito da parte del Presidente e di Adalberto, prende  la parola il nostro ospite che subito cattura la platea dimostrando una grande padronanza (tecnica e umana) dell’argomento. Ci spiega come la sua comunità stia cercando di trattare le numerose problematiche psichiche, sociali e umane che sottostanno al trattamento di queste disabilità. Ci parla della strada da loro scelta che passa anche attraverso l’uso della montagna come mezzo terapeutico e simbolico della loro terapia. Ci racconta le storie dolorose di alcuni amici (così chiama i suoi assistiti) che hanno trovato nella collaborazione tra il gruppo dei Semprevivi e i centri psico sociali un forte aiuto al loro disagio.  

Ma la serata ha una svolta inaspettata che costringe tutti a guardare nel baratro, quando don Storri passa la parola ai suoi due “amici” che lo hanno accompagnato e che ci propongono dal vivo le loro esperienze di “matti”, malati che hanno consapevolmente accettato la loro condizione anche se non riescono a spiegarsi -ma chi potrebbe farlo- le ragioni di questa situazione.

E’ proprio sull’orlo di un abisso il sentiero sul quale ci hanno accompagnato questi due suoi (ora anche un po’ nostri) “amici”; ci ha infatti colpito con singolare violenza l’improvvisa consapevolezza che i “matti” siano così uguali a noi “sani” e che solo la loro mancanza di filtri e paletti mentali faccia la differenza. 

In fondo – ma neanche tanto- viviamo tutti le stesse attese, paure ed emozioni e solo la loro estrema sensibilità e l’incapacità di contenere queste emozioni all’interno di modelli di “normalità” li rende diversi da noi.

Simpatici, con quella simpatia che promana dalle persone semplici, sincere e senza difese, ci hanno commossi e catturati un po’ tutti.  

Dobbiamo proprio ringraziare don Storri e i suoi amici (questa volta senza virgolette), che ci hanno fatto vivere un momento di profonda consapevolezza, quasi un risveglio sul sentiero di una metaforica montagna che – per quanto in salita – è giusto e doveroso percorrere verso una migliore conoscenza della nostra condizione umana.

 

Marco Tincati