Cronaca della conviviale n. 7 del 1° ottobre 2007

 

Tema: "Gli Estensi a Ferrara"

Relatrice: prof. Daniela Pizzagalli

 

Le donne, i cavalier, l’arme, gli amori

canta Daniela al Rotary Giardini

di quegli Estensi, splendidi Signori,

che a Ferrara regnarono divini.

 

Dirà di Niccolò come di Bolso,

di Ercole e del figlio suo Alfonsino,

il primo un governante pien di polso,

il secondo un bombardier  di fino,

 

che tramontar fe’ la cavalleria

tanto da fare dire al gran Boiardo,

che sempre odiò la rozza artiglieria,

che Alfonso d’Este era proprio un bastardo.

 

Dirà Daniela ancora, in un sol tratto,

cosa già detta in prosa come in rima,

di Niccolò da Federico attratto

mentre stava in Rovigo e ad Este prima;

 

finchè giunse a Ferrara e per bellezza,

mentre sgranava ognora il suo Rosario,

da una parte elevava la Fortezza

e dall’altra del Papa era Vicario.

 

La sua arte era quella di mediare,

ma quando conosceva una distinta

ragazza, egli  pensava a… rimediare

e detto fatto la metteva incinta.

 

Eran trecento i figli a Nicolò

sicchè bastò nel letto avere fede

che tra quei giovin, forti anzichenò,

non fe’ fatica a trovare l’erede.

 

Era fatto così: non digeriva

di tener pesi sopra la sua testa,

sicchè se la sua sposa lo tradiva

detto fatto le faceva la festa.

 

Fu la sorte di Donna Parisina,

che, avendo aperto troppo le cinture

di castità, trovò la ghigliottina

(e se non c’era ancora, allor la scure).

 

Niccolò III fu grande umanista,

eccelsa l’Università fece a Ferrara,

allora che lo studio era conquista

e star sui libri non fu cosa rara,

 

e non ci si laureava col CEPU’,

v’eran poeti e non dei poetastri

quali  oggi il mondo non ne vede più;

e  insegnavan l’Alberti ed altri astri.

.

Peccato che Nicola dei Visconti

venne a Milano ospite; e li fu

che gli fecer pagare tutti i conti,

e sarà che mangiò forse un di più,

 

 

sarà che l’osso buco era al veleno,

tirò le cuoia strabuzzando gli occhi

subito dopo avere fatto il pieno

tra una quaglia e un pasticcio di ranocchi.

 

Gli successe il figliolo Lionello

d’amoroso disìo figlio adorato,

al qual successe Bolso suo fratello

che nobil donna aveva generato

 

(quella tal Stella dei grandi Tolomei,

brutta come la morte eppur potente

come tante signore, amici miei,

che prendon tutto senza avere niente).

 

Bolso diviene  Duca e  il suo Ducato

Modena e Reggio in un sol fiato ingoia

e Ferrara è di Arti  ora  un  bel prato,

per non parlare poi di Schifanoia:

 

tra i muri carchi di dipinti e arazzi

ogni pranzo era gara a chi più ingoia

e Ruzzante cantava tra i sollazzi.

Peccato: a Bolso seguì Lionello,

 

un tipo malinconico e depresso

proprio il contrar dell’estroso fratello,

ma ch’era bravo ancor sembrando fesso.

Sempre accigliato e  spento nello sguardo

 

a lui  Ferrara deve gli urbanisti

e l’arte letteraria del Boiardo;

e il Teatro, rinato dall’oblìo,

mentre già si fa innanzi l’Ariosto

 

a narrare d’Orlando e di quel fio

ch’egli pagò all’amore ad ogni costo

e per amor venne in furore; e addio.

Daniela narra e narra di Renata,

 

d’Isabella e Beatrice  e di Lucrezia

e la storia si scioglie ben narrata

ed è Storia,  non è solo un’inezia.

 

 

Narra d’Alfonso I e del Secondo

mentre la guerra porta lo sconquasso,

non soltanto a Ferrara, ma nel mondo.

Or se a rilegger vai l’Ariosto e il Tasso

 

e Ferrara hai nel cuore e nella mente

sali venerdì prossimo in corriera

ringraziando  Daniela e il Presidente

per questa dolce ed istruttiva sera.

 

E qui l’arme sospendo della rima

fidando nella vostra cortesia

perché mi diate affetto come prima

E così sia.

 

 

Nicola D’Amico