Cronaca della conviviale n. 1 del 2 luglio 2007

 

Tema: "Dove va la scuola?"

Relatrice: Prof.ssa Ethel Porzio Serravalle

 

 

Immaginate che Ethel Serravalle sia un medico e che noi le portiamo in ambulatorio la scuola per farle rilasciare  un certificato di stato di salute. Quale che sia. Certo, non nascondiamo l’ansia. Sappiamo che qualcosa (qualcosa?!?) non va.

Il dottor Ethel la esamina la scuola italiana, la rivolta.

- Dica un milione.

- “Un milione”.

- Brava, il numero dei docenti in servizio è scandalosamente esatto. E come si sente ad edilizia scolastica?

- Mi fanno male i tetti, le aule, le arterie del riscaldamento e le vene elettriche. Non sono a norma.

- Ha provato a curarsi?

Eh, lo faccio dal 1996 e non rispetto mai le terapie. Dovrebbero pensarci i Comuni, ma più li diffidano e più gli tagliano i soldi. Poi ogni tanto cade un cornicione…

- Fosse solo un cornicione…E come sta ad esami di riparazione?

Li ho fatti fino al 1994, poi con un decreto legislativo me li hanno fatti smettere.

- Lo sa, signora scuola, che il ministro pietoso fa la scuola cancerosa?

- Lo so, che ci vuol fare. I ministri non mi curano, mi strattonano. Chi mi strattona a sinistra, chi a destra…Almeno le reclute dell’esercito, se non stavano bene in salute, le riformavano. Me non mi riforma nessuno. Le riforme si leggono solo sui giornali. Guardi la riforma Berlinguer del 2000. L’ha abrogata la riforma Moratti del 2003. E la riforma Moratti? L’ha mezzo abrogata il ministro Fioroni nel 2007. La storia continua.

Il dottor Serravalle era al capezzale della scuola, lunedì scorso, 2 luglio, alla Casa di Cura La Terrazza del Rotary Giardini:  teneva in mano le radiografie e si metteva, si fa per dire,  le mani nei capelli, capelli pettinatissimi per fare da corona a un impeccabile tailleur nero al posto del camice bianco. Le radiografie dell’Istruzione tecnica erano impressionanti: nientemeno che 700 costole-indirizzi, quanti i mestieri veri e inventati che si dovrebbero imparare nella scuola italiana, alcuni dei quali ormai in mano ai maghrebini -  senza offesa per nessuno - freschi di Lampedusa.

- Con diplomi così, dove vogliono andare?chiede la professoressa Serravalle.

- Ma che diamine, all’università.

Come nei film americani, la professoressa quasi grida:

- La scuola? La stiamo perdendo! La pressione cala vieppiù che tentiamo di trasformare in liceale la formazione tecnica, mentre facciamo dei licei la scuola delle parole. Ecco, il male della scuola sta qui, nelle corde vocali: la nostra è la scuola del parlare, del  dire piuttosto che la scuola del fare.

- La cura, professoressa?

- La diagnosi è la cura - risponde Ethel Serravalle -  A scuola i liceali prima criticano, poi aprono i libri; nelle scuole tecniche i laboratori sono virtuali, meglio sostituirli con i videogiochi. Ricordate i licei di una volta? Il D’Azeglio di Torino, il Carducci e il Parini di Milano, il Visconti di Roma, il Galileo di Firenze, il Vittorio Emanuele d Napoli? Dei templi del sapere. Oggi i licei sono migliaia, ne vuole uno ogni parroco di campagna. Presto ne annetteranno uno a ogni scuola materna.

- Ha figli, signora scuola? chiede la dottoressa.

- Ne ho 8 milioni -  risponde l’inferma - Otto milioni di alunni.

- Non ho capito bene, intende dire che ne ha 8 per ogni insegnante?

- Ha capito bene.

- Ecco allora perché spendiamo tanto con il bel risultato che l’OCSE ci mette dietro la lavagna con le orecchie d’asino e a momenti ci fa sbeffeggiare dall’Uganda. Eccola, la perversa equazione: Pochi studenti, molti insegnanti. Molti insegnanti, pochi denari. E i migliori scappano.

- E allora, dottoressa?

- Allora, amici miei, è inutile che politici, famiglie, imprenditori guardino con il naso in sù. I mali della scuola sono quelli della società, gli stessi della giustizia, della sanità…E allora diamoci da fare, riprendiamo quella lena, quell’ interesse, quella partecipazione che, per il bene e per il male, negli anni Sessanta ci portò alla creazione della scuola media unica e nel Settanta fece tanto sperare con gli organi collegiali, con i famosi decreti delegati. Non stiamo a leggere sui giornali solo le notizie dei bulletti. Ricreiamo nelle famiglie il rapporto con i figli e sarà ricreato anche il rapporto con la scuola. La stessa cosa vale per il rispetto. C’è tanta gente perbene, nelle scuole, ci sono tante eroiche maestre e professoresse che aspettano una mano di solidarietà per ritemprarsi. Si tratta di gente che non avrebbe paura di mettersi in discussione, di essere valutata, pesata, e magari meglio  ricompensata se risultasse migliore di altra gente, migliore dei “docenti per caso”. Quelli che sono a scuola perché non hanno altro mercato. I docenti non sono tutti degli eroi. Beato il paese che non  ha bisogno di eroi per insegnare.

La professoressa ha finito, nel silenzio pensoso della sala. E’ l’ora delle visite, pardon, degli interventi. Brandolesi: l’università cerca di arginare le “ammissioni senza confini”, ma è un’impresa ardua contro la presunzione. Lebano: ha ragione Ethel, non si fanno i matrimoni con i fichi secchi.

Coluccia: anche nelle altre professioni la selezione sembra essere divenuta una bestemmia. Di Ballo: che ne pensa delle lauree 2+3? Ethel di solito non dice parolacce, quindi risponde come può. Alberici: la mobilità di cui si parla tanto, nella scuola significa solo un continuo andirivieni di insegnanti da sud a nord e ritorno, con buona pace della continuità didattica.

Ethel lancia ancora una volta l’appello: che questo benedetto e malcucito popolo italiano si sforzi di moltiplicare i valori condivisi; e intanto che la scuola, senza e a dispetto dell’isola-riforma che non c’è, sia più scuola del fare che scuola del bla bla bla. Di umanesimo di maniera si muore, come di tecnica fatta sui banchi con leggìo e calamaiera.

Una serata sul filo di una tensione senza respiro, sul filo delle amarezze temperate dalla forza evocativa dell’oratrice. Finché la scuola nutrirà passioni così grandi come la sua, pregne di denunzia ma incapaci di resa, la scuola non sarà morta.

 

Nicola D’Amico