Cronaca della conviviale n. 2 del 11 luglio 2005

 

Tema: La Marina: una forza nuova, con un cuore antico, per il nuovo secolo

Relatore: Ammiraglio Paolo Pagnottella

 

Chi si attendeva una serata tutta racconti di mare e di guerra, un po’ tra i romanzi di Conrad e i film “Master & Commander” o “Caccia all’ Ottobre Rosso”, con i piccioni di piazza Cavour mutati in gracidanti (?) gabbiani e il nostro Gianpiero che - anziché con la tradizionale campana rotariana - apriva la serata con il rituale fischio del nocchiero, è andato sicuramente deluso. Anche il menù era tipicamente terricolo e la sola suggestione marinara disponibile doveva essere attentamente ricercata nelle acciughe dei salatini.

 A richiamare un po’ di ambientazione marinar guerresca c’erano solo  le candide uniformi dell’Ammiraglio Pagnottella e dei suoi Aiutanti (spero si dica così), il Tenente di Vascello e il Capo di Prima Classe; tra il grigio, il blu e il nero delle nostre divise da lavoro, queste spiccavano particolarmente immacolate ed erano ravvivate  da un tale quantitativo di decorazioni da far impallidire qualsiasi carica rotariana.

 Dopo i convenevoli, i saluti ai numerosi ospiti presenti e gli auguri di buona estate (quella di questa sera è infatti l’ultima conviviale prima delle vacanze), Il Presidente dà appuntamento per il prossimo 5 settembre a tutti coloro che non parteciperanno alla piccola tavola del prossimo Lunedì 18 e cede la parola a Luigi Luce che introduce il nostro ospite.

Poche parole di presentazione e di ricordo di comuni esperienze accademiche che stanno alla base di un’amicizia pluri-decennale e poi il via alla relazione. 

Fatto non comune per un Ammiraglio, Pagnottella inizia schernendosi un po’; scherza sulla rozzezza del suo linguaggio, da soldato che deve farsi capire da tutti e cattura subito, da navigato (non per niente è ammiraglio) oratore, l’attenzione della platea.

Tra il serio e il faceto ironizza sulla secolare tradizione antimilitaresca degli  italiani (*), popolo al quale neanche i barbari sono riusciti a instillare ardori guerrieri. Passa poi a trattare argomenti seri, quali sono i problemi della difesa; un’analisi sincera, a volte impietosa, ma molto concreta, che ha toccato diversi aspetti storici, sociologici ed economici. 

Da buon soldato, l’Ammiraglio ha presentato il petto alle critiche e alle difficoltà che le nostre forze armate devono affrontare e risolvere.  Dapprima gli aspetti più strategici, come l’enorme complessità e interdipendenza dei teatri di conflitto o la fortissima sperequazione nei confronti della superpotenza americana, che costringe gli alleati a rincorrere standard qualitativi elevatissimi, con il costante rischio di restare comunque, eccessivamente, indietro. 

Quindi il pensiero politico e civile, che spesso si lascia infatuare da belle, quanto ironiche ed edificanti ideologie di pace, salvo poi farsi sorprendere da gravi e improvvise minacce che minano la stabilità dell’intero nostro modo di vivere. E’ la nostra classe politica che ha inventato l’assurda ipocrisia del termine “soldato di pace” ed è solo in Italia che le “mamme” riescono ad avere un ruolo così determinante nell’opporsi al distaccamento dei propri figli in sedi lontane da casa (nonostante la maggior parte dei ragazzi siano ormai abituati a studiare e viaggiare all’estero). Questi condizionamenti, unitamente alla cronica mancanza di fondi hanno – tra l’altro – portato all’abolizione della leva obbligatoria. Il risultato è che, per ora, il nostro esercito è formato da volontari, dobbiamo sperare che presto possa diventare anche di professionisti.  

Ma il nostro amico Ammiraglio (è rotariano del Venezia)  non si lascia certo spaventare da questa situazione. Ci ricorda che se da un lato la nostra marina può contare su un numero complessivo di addetti tale da riempire poco più di un terzo dello stadio di San Siro, essa ha anche diversi fiori all’occhiello, rappresentati dai suoi reparti specialistici e dalle nuove unità in cantiere. Certo è, che per attrarre i giovani più promettenti occorre mettersi sul mercato e competere con le opportunità e lo stile di vita offerto da altre professioni più di moda. Con la competenza e la professionalità tipiche di carriere tradizionalmente più manageriali, l’Ammiraglio ci  presenta poi cifre, costi e piani di investimento (o meglio di riconversione) degni di una grande multinazionale attenta al mercato e all’equilibrio economico. 

Siamo in una situazione difficile che sapremo però gestire con onore e con  intelligenza. L’Italia è pur sempre la sesta potenza mondiale ed è la nazione  che, dopo Stati Uniti e Gran Bretagna, mantiene il più elevato numero di soldati all’estero in varie missioni di controllo; tutti abbiamo ben presente l’Iraq ma spesso dimentichiamo che oggi abbiamo quasi 10.000 militari impiegati in 25 missioni in 18 paesi. 

I cambiamenti in atto sono enormi e le minacce che dovremo saper affrontare nel futuro di estrema gravità. La determinazione a portare il complesso delle nostre forze armate, e in particolare la marina militare, all’altezza delle sfide del nuovo secolo è però altrettanto forte e le nostre risorse, per quanto limitate, hanno tutte le qualità necessarie per svolgere con successo il loro compito. 

Dopo le domande di Boniello, Nicolosi e del nostro Presidente, la serata si chiude a un ora (rotarianamente) inoltrata: l’argomento non era né semplice né di facile attrattività (le mamme ci sono anche al Rotary e questa sera erano alquanto numerose). Ma la comunicatività, la professionalità e la concretezza dell’ Ammiraglio ci hanno conquistato e convinto.

Speriamo che anche le altre forze armate possano vantare ai loro vertici, uomini così ben preparati ed entusiasti.

 Marco Tincati 

(*) A tale proposito, una citazione (apocrifa) di Churchill sostiene che lo statista  avrebbe detto: “per gli italiani perdere la guerra è come perdere una partita di calcio e perdere una partita di calcio è come perdere la guerra”. Forse non vera ma  emblematica (ndr).